Hìa un da - toponomastica e leggende

(Beate donnette)

a cura di Paola Martello

Se qualcuno vuole avventurarsi verso il luogo denominato Zeelighen Baiblen o Beate Donnette, deve recarsi alla fine del paese di Mezzaselva di Roana (VI). Lì c’è un sentiero impervio che porta verso valle, vicino al confine con Rotzo. Dopo una mezz’ora di cammino circa, arriverà a una grotta molto singolare. Quella era l’abitazione delle Zeelighen Baiblen. Ma chi erano questi personaggi? Erano piccole fate che abitavano nelle grotte dell’Altopiano, soprattutto in quelle che si trovano sui crinali della Valdassa.

Molte sono le leggende che le vedono come protagoniste e sono, a mio parere, gli esseri fantastici più tipici e interessanti dell’Altopiano dei Sette Comuni. Le Zeelighen Baiblen erano alte poco più di un metro e vestivano di bianco. Anche i loro capelli erano canuti ed era l’unico particolare che denunciava la loro vetusta età. Un tempo, la gente dell’Altopiano le vedeva spesso vicino alle fonti a fare il bucato o a stendere i loro candidi panni nei prati o in prossimità degli antri.

Le piccole fate, ogni mattina, salutavano il sole nascente allargando le braccia.

Gli animali dialogavano con loro usando un linguaggio particolare che gli uomini non comprendevano. Orsi, caprioli e volpi erano molto servizievoli con le fatine e le portavano in groppa da valle verso il monte.

In tempi andati, nei filò che si tenevano nelle stalle, venivano raccontate esperienze quotidiane condite con superstizioni che davano origine a molte storie.

Si può affermare che le leggende ed i miti sono nati quando, alla curiosità che tormentava l’animo umano, non c’era spiegazione culturale di un fenomeno. Così una grande pietra, una voragine o una grotta particolare diventavano luoghi magici.

La grotta delle Zeelighen Baiblen ha perso con il tempo il suo straordinario fascino e forse all’osservatore non appare più misteriosa come una volta.

Me la ricordo negli anni della mia adolescenza: aveva un’apertura sul soffitto che sembrava un camino naturale. All’interno c’era una grande lastra di pietra piatta attorniata da tanti grossi sassi. Ricordava una tavola con dei sedili.

I nostri antenati si saranno chiesti come aveva fatto ad entrare dal piccolo foro della grotta una lastra di pietra così grande. Secoli fa solo la fantasia e non la scienza dava risposte agli interrogativi che si ponevano gli uomini. E la risposta probabilmente era che, un tale sortilegio, doveva essere opera delle fate e che quella era senz’altro la loro casa con tavola e sedie.

Caratteristici delle Zeelighen Baiblen erano dei grossi gomitoli di lana che portavano sempre con sé. Venivano regalati alle persone buone e gentili e avevano il potere di non finire mai.

Un’altra tipicità delle fatine dell’Altopiano era quella di distribuire utili consigli a boscaioli e contadini che tenevano in grande considerazione i loro suggerimenti.

Le Zeelighen Baiblen avevano anche dei nemici: i terribili e feroci Jigerjäger. Spesso cadevano vittime di questi Uomini Selvaggi che le cacciavano. Una storia narra come le fatine siano riuscite a sfuggire agli Jigerjäger salendo su delle ceppaie incise con tre croci. Tali ceppaie, residuo di un taglio del bosco, servivano a spaventare con le loro croci gli Uomini Selvaggi. La vicenda si svolgeva in un luogo chiamato bosco de “i Stella” a Cesuna.

Un’altra leggenda racconta come le piccole fate abbiano indicato, ad una fanciulla zoppa, il modo per guarire e diventare bella. Le consigliano di andare verso la cima del monte Verena e respirare l’aria buona che c’è lassù.

Il toponimo Zeelighen Baiblen si riferisce anche ad una località di Cesuna, nella zona della Covella, dove si trovano delle grotte che la tradizione vuole abitate dalle piccole fate. Una di queste caverne diventa luogo magico quando le Beate Donnette fanno apparire delle torte per sfamare un gruppetto di fanciulli del paese. I bambini promettono di non rivelare a nessuno gli incontri con le fate. Quando uno di loro confida alla mamma la vicenda, Zeelighen Baiblen e torte non si vedono più.

Per capire il carattere delle fate, buone ma permalose, c’è una leggenda di Mezzaselva particolarmente significativa. Le Zeelighen Baiblen erano state interpellate da una donna che desiderava uno dei loro gomitoli magici per fare un bel vestito. L’abito doveva servire al marito nel giorno della sua investitura in un’alta carica. Le Beate Donnette acconsentirono ma ad una condizione. La donna doveva lavorare la lana continuamente senza lamentarsi. Mentre il marito aveva avuto il suo abito ed era nella sala, pronto ad entrare in possesso della carica, la moglie, restata a casa, inveì contro le fate che l’avevano costretta ad un continuo impegno. In quell’attimo tutto il lavoro della donna sparì, compreso il vestito del marito che si trovò in mutande e divenne oggetto di derisione da parte dei presenti.

Tante altre storie sono legate a questi personaggi fantastici e ad altri luoghi incantevoli. Per citarne alcuni: la Panca e la Kérkle di Castelletto di Rotzo e la Loite Kuvala di Canove di Roana, ma questi toponimi saranno i protagonisti di altri spazi.

Nota: il nome Zeelighen Baiblen lo si trova scritto con diverse grafie: Séleghen Baiblen, Holigen Baiblen, Selegen Baiblen, ecc…

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