Grande Guerra “inutile strage”

La frase del Papa nata dalla guerra sull’Altopiano

In tutti i libri di storia viene riportata con risalto la Nota del Papa Benedetto XV pubblicata il 1 agosto 1917 contro la guerra definita “inutile strage”. Era dal 1914 che la guerra sconvolgeva l’Europa in ogni ambito, non solo in ambito militare e politico, ma anche in ambito economico, sociale, spirituale. La nota del Papa è stata duramente discussa e variamente interpretata, alla luce dei feroci nazionalismi che dividevano gli stati europei, specialmente Francia e Germania, Italia e Austria. Gli storici sono concordi nell’osservare che quella “Nota alle Potenze Belligeranti” inviata dal Papa è stata molto di più di un documento della diplomazia vaticana contro la guerra. Essa ha fatto “scoprire la realtà di una crisi definitiva del ruolo egemone mondiale della vecchia Europa”, ha fatto scoprire che la Grande Guerra era divenuta “il suicidio dell’Europa civile”. Quella nota per la prima volta dimostrava che la guerra era insostenibile sul piano del diritto internazionale e indicava che la pace doveva essere basata non sulla forza delle armi, ma sulla “forza morale del diritto”.

 

Questa storica posizione non fu presa in modo isolato dal Papa, ma risulta legata a gesti e a dichiarazioni di diversi esponenti del mondo cattolico, come il Vescovo di Padova mons. Luigi Pellizzo. Questi seguiva da vicino le vicende della guerra nella sua diocesi, e particolarmente sull’altopiano dei Sette Comuni, dove l’Austria nel maggio 1916 aveva organizzato la spedizione punitiva contro l’Italia, scatenando per tre anni un uragano di battaglioni e di armamenti, con una ecatombe di distruzione e di morte. È noto come la popolazione dell’altopiano fu costretta a un tragico profugato attraverso tutte le regioni d’Italia. Il Vescovo mons. Pellizzo ogni giorno teneva informato il Papa sull’andamento della guerra, come è documentato nei tre volumi di lettere pubblicate recentemente nell’opera “I Vescovi veneti e la Santa Sede nella guerra 1915-1918”.

Nel luglio 1917, tre settimane prima della emanazione della Nota alle Potenze Belligeranti, mons. Pellizzo riferiva in modo dettagliato sui continui disastrosi massacri che avvenivano sull’Altipiano (monte Zebio, monte Ortigara…) e scriveva: “L’occupazione dell’Ortigara costò vittime senza fine; per conquistare quella importante cima furono lanciati ben 12.000 proiettili grossi. Poi vittime senza fine, per finire di perderlo ed essere respinti di qua dalle posizioni di prima… Le batterie dei nostri furono così pazzamente spinte in avanti da non poter nemmeno tirare; e parecchie furono circondate con tutte le munizioni e uomini...”. Il Vescovo scriveva ancora al Papa: “Il cielo sembra congiurare. Era stata apparecchiata una poderosissima mina sullo Zebio che doveva in un dato punto, quando fossero stati attratti opportunamente i nemici, esplodere e seppellirli; esplose, non si sa come, 24 ore prima, seppellendo i nostri. Dicono sia stato un fulmine che la accese, altri un tradimento: ma il fatto è fatto e la desolazione e la morte sono lì ad attestarlo. Poveri soldati! Ed erano dei migliori alpini, truppe scelte mandate al macello, divisioni sopra divisioni. Ma quando avrà fine questa orribile e inutile carneficina? Ormai non si passa né di qua né di là; e perché continuare a logorarsi, mentre con le armi assolutamente non si finirà più questa guerra?”. L’inutilità delle operazioni belliche fu segnalata dal Vescovo di Padova a più riprese, denunciando il folle militarismo di ambedue i fronti, l’inefficienza dei comandi, “la completa discordia tra i nostri eserciti e le truppe inglesi e francesi…”.

Nella Nota del 1 agosto 1917 il Papa scriveva della “lotta tremenda la quale ogni giorno più apparisce una inutile strage”. Sono state pubblicate le due bozze preparatorie della Nota del Papa, e solo nella seconda bozza, quella definitiva, ricorre la condanna della guerra come “inutile strage”, che risente chiaramente della lettera che mons. Pellizzo aveva mandato alla Santa Sede il 4 luglio precedente. La stessa espressione ricorre nella lettera del 31 ottobre 1918, quando mons. Pellizzo scriveva, sempre riferendosi all’andamento della guerra sull’Altopiano: “la carneficina inutile continuerà purtroppo, a meno che intervenga un provvido armistizio”. Le parole del Vescovo di Padova erano riprese anche dal Vescovo di Vicenza mons. Rodolfi che scriveva alla Santa Sede: “Santo Padre, questa ormai non è più guerra, è brutalità, è insidia notturna, è aggressione violenta del debole e dell’innocente; sono veri assassinii che si commettono contro le stesse norme della guerra, con disonore orrendo dell’umanità”. La Nota del 1 agosto 1917 è stata il tentativo più audace per fermare il conflitto mondiale con decisive proposte come il disarmo reciproco, la libertà di navigazione sui mari, l’arbitrato internazionale delle dispute, la rinuncia di ogni parte ai risarcimenti di guerra, la restituzione dei territori occupati, la negoziazione conciliatoria delle rivendicazioni territoriali tra parti avverse. La Nota non ebbe nessuna immediata conseguenza.

Sappiamo che l’armistizio arrivò finalmente ai primi di novembre 1918. Forse le carneficine, le stragi della grande guerra non sono state del tutto “inutili”, se hanno avviato un nuovo corso della storia verso una pace basata non sulla forza delle armi, ma sulla forza morale del diritto, sulla forza del diritto internazionale, su una cultura di giustizia e di solidarietà tra popoli e nazioni.

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